Biografia
Walter Sabatelli
Le sue opere sono sempre opere di confine, al limite, in cui il figurativo e l’astratto si compenetrano e convivono in una straordinaria simbiosi così accattivante ed eccitante.
Chiara Sabatelli
Vice Presidente Archivio Walter Sabatelli
Walter Sabatelli nasce il 4 Luglio 1925 a Cecina (Livorno) da Angiolina Ferretti e Armando Sabatelli.
Per meglio capire la sua infanzia e la formazione artistica, che inizierà in giovanissima età, è opportuno accennare alla romanzesca storia dei genitori, che si unirono nonostante il parere contrario delle famiglie perché, come deduco dai tanti esempi riferiti alla vita di altri artisti, Armando esercitava il mestiere di decoratore e affrescatore; quindi una professione che non garantiva quella sicurezza economica normalmente richiesta.
Proprio a causa del mestiere di affrescatore, la famiglia si dovette spostare più volte in vari trasferimenti prima a Piombino, poi a Napoli, per tornare di nuovo in Maremma nel 1931.
Queste notizie sono state ricostruite da lettere ed altri documenti, ritrovati in carteggi che la famiglia ha messo a disposizione per la realizzazione di questa biografia.
Il 1932 fu, per la vita di Walter Sabatelli, un anno fondamentale: il babbo partì per l’Africa; da qui si perdono sue notizie; tant’è vero che verrà poi dichiarato morto.
La realtà è diversa perché, come in un film, trent’anni dopo Armando ricomparve, ma ormai Angiolina aveva nel frattempo conosciuto Nicola, con il quale aveva ricreato una famiglia.
La nuova famiglia Inzerillo, prima di stabilirsi definitivamente a Follonica, aveva vissuto per molti anni a Genova dove Walter aveva frequentato le scuole medie e superiori e dove, soprattutto, aveva iniziato a dipingere, grazie alla folgorazione ricevuta davanti ad una vetrina di articoli per pittori.
Molto probabilmente la sua vena artistica, al di là di un fattore genetico, sarà stata in qualche maniera incoraggiata dal clima familiare, forse dalle frequentazioni del babbo che, è presumibile, gli possa aver insegnato i primi rudimenti.
A cavallo del 1942-’43 tutta la famiglia si trasferì a Follonica, la città che diverrà la residenza definitiva di Walter. Questa scelta, molto verosimilmente, non derivò solo da motivi di lavoro, ma principalmente dal fatto che questo luogo della Maremma riuniva in sé le caratteristiche principali tanto delle tematiche, quanto della coloristica di quella che sarà poi la pittura più matura di questo artista.
In più Sabatelli ha ricercato l’archetipo della sua formazione nella tradizione toscana in generale e nella sperimentazione macchiaiola in particolare; la luce della Maremma è stata descritta dagli artisti dell’Ottocento Toscano come particolare e con uno spettro congeniale ad una rappresentazione “impressionista”; quella tematica e quello stilema da lui inizialmente seguito e poi rielaborato e trasfigurato in una personalissima tavolozza lo ha portato a realizzare un’opera completa frazionata in tanti “fotogrammi”, continuamente in bilico tra la rappresentazione e l’astrazione, ma sempre in perfetto equilibrio.
Dal 1968 al 1969 Walter Sabatelli si trasferisce a Roma con la sua famiglia: la moglie Lidia e il figlio Roberto, che è diciottene al momento dell’arrivo nella capitale.
Non ci sono notizie precise sul motivo di questo trasferimento ma, da alcuni accenni fatti dal pittore in varie occasioni, vi era probabilmente stata una richiesta di collaborazione tramite qualche amico per un lavoro come scenografo a Cinecittà.
Ricordiamo a tal proposito che attraverso i dipinti si possono ricostruire avvenimenti del passato; fa testo la famosa mostra senese dove, tramite l’iconografia dei quadri, è stato possibile risalire a quello che era l’aspetto della città, le consuetudini e addirittura l’abbigliamento e le attività del Trecento.
In alcuni autoritratti Sabatelli si è rappresentato, a volte in maniera anche ironica, con abiti di scena che sembrano riferiti a film in costume.
Da qui si può dedurre che nel periodo romano abbia condotto quella vita da artista tipica dell’immaginario collettivo, ma attinente alla realtà, che quasi sempre purtroppo vedeva pittori e scultori in difficoltà economiche costretti a vendere le loro opere per pochi soldi e ad arrangiarsi con lavori di ogni genere; ecco che Walter, scenografo a Cinecittà, forse si improvvisò comparsa in film storici che hanno avuto il loro “momento d’oro” proprio in quegli anni.
A questo proposito, Federico Fellini aveva l’abitudine di realizzare personalmente bozzetti per le scenografie dei propri film; è un dato accertato che almeno alcune volte si fosse ritirato a Venezia presso l’Hotel La Fenice et des Artistes, di proprietà del famoso collezionista e mecenate Facchini, luogo di soggiorno di molti artisti.
Nella collezione Facchini vi è un quadro di Walter Sabatelli; collegando queste notizie si potrebbe presupporre un ipotetico contatto tra il pittore Sabatelli ed il regista Fellini, che abbiamo visto essere anche lui dedito alla pittura; in ogni caso è bene non cadere nell’aneddotica che spesso infarcisce la storiografia di molti artisti e che quasi mai dà dei riscontri oggettivi ed in ogni caso fondamentali nella storia artistica.
Nel 1969 Walter rientra a Follonica e si dedica all’attività di pittore con la serenità economica che gli derivava dal suo lavoro di capostazione.
È agli anni ‘70 che risale la decisione di fondare una scuola di pittura; la sua è una scelta precisa e determinata che lo accompagnerà per tutta la vita, infatti non seguì mai il percorso convenzionale di dedicarsi alle mostre e di finalizzare la propria opera al mercato, ma bensì quello di tramandare il suo sapere e la sua arte attraverso le sue opere e attraverso l’insegnamento.
Il suo intendimento era sempre stato quello di ingrandire la scuola da lui fondata aprendo l’attività anche ad altre discipline, come per esempio alla musica, alla letteratura e alla poesia: tutti argomenti che voleva far convivere con la sua creatività artistica che cercava di trasmettere ai suoi allievi.
Questo sogno di una scuola interdisciplinare non venne mai realizzato per motivi economici, però Sabatelli rimase al timone della sua scuola di pittura fino alla fine dei suoi giorni; tant’è vero che molti suoi ex allievi, alcuni dei quali oggi professionisti, continuano a coltivare la passione per la pittura e l’amore per l’arte grazie a lui.
La Maremma più che una regione geografica fu una “cattedrale” a cielo aperto per Sabatelli, un luogo dello spirito, dell’immaginazione e dell’immaginario. Sabatelli questa terra l’ha percorsa anche camminando, ne ha fatto sua l’essenza, ha osservato giorno dopo giorno la luce tanto dei tramonti quanto delle albe; nei suoi dipinti tutto questo è raccontato, ma mai fotografato. Sempre interpretato e filtrato dall’occhio dell’artista.
Una tavolozza, tra il mare e la campagna, apparentemente parallela alla realtà ma che invece interpreta, per quanto in maniera del tutto personale ed originale, una visione atemporale che va oltre l’apparenza di uno sguardo superficiale.
Da quanto fino ad ora raccontato si potrebbe dedurre di essere di fronte ad un pittore autodidatta, ed in effetti lo è stato nel significato più antico del termine; la sua vita è stata un percorso parallelo tra la dedizione alla scuola di pittura, che lo ha legato ad un ambiente lontano da circuiti espositivi e mercantili, e l’attività vera e propria di pittore. Questo secondo aspetto lo distacca dal significato convenzionale del termine “autodidatta” per i continui intervalli che lo hanno portato a frequentare artisti in varie città, non ultima quella Livorno, che fu esempio unico al mondo per la quantità e la qualità di pittori e scultori, nati e cresciuti nel suo grembo.
Quindi Sabatelli è stato un ricercatore ed uno sperimentatore che elaborava il suo stilema in una costante contaminazione con i colleghi, in un interscambio tanto di idee quanto di tecnica, dove tutti apprendevano l’uno dall’altro senza che nessuno insegnasse.
Rimanendo attinente al tema della sua attività di pittore è doveroso sottolineare che Follonica è stato sì il luogo del suo ritiro, ma Sabatelli, in un momento storico sociale di particolare euforia e serenità, gli anni ’60, quando la cultura si faceva ai tavoli dei caffè ed anche per le strade, si recava spesso in Versilia, in particolare a Viareggio, dove si organizzavano e si allestivano mostre all’aperto di piccolo formato perché il piccolo formato rendeva più accessibile il quadro a tutti.
Non siamo nella galleria ma siamo ugualmente, e forse ancor più, in un luogo di incontro, di conversazione, di scambio di idee. Quasi come se la strada fosse diventata un “cenacolo”.
A Viareggio, durante una di queste esposizioni, Walter incontra Renato Guttuso, che era il più grande pittore figurativo di quel periodo.
Questo incontro rappresenta una chiave di volta nell’arte di Sabatelli e determina una evoluzione nel suo stilema; la cosa apparentemente strana è che dalle loro conversazioni e dal confronto delle loro idee la pittura di Sabatelli, come si sarebbe potuto aspettarsi, non si sposta in maniera definitiva verso quel figurativo che era stato il suo apprendistato, quando guardava ai maestri dell’Ottocento Toscano, quando si riferiva alle espressioni derivate dalla pittura macchiaiola, ma anzi Sabatelli si spinge verso l’esplorazione dell’astratto e la sperimentazione di nuove tecniche pittoriche finora mai usate.
Cosa si siano detti Guttuso e Sabatelli non è dato saperlo nei particolari, ma è inequivocabile che da quel momento nacquero quelle opere che hanno avuto la loro massima espressione in quegli “infiniti”, in quei fiori, in quelle nature morte, che hanno totalmente perso la rappresentazione realistica ma che ci comunicano “l’idea prima” di ciò che è rappresentato.
Due strade apparentemente diverse ma che invece hanno dei punti di contatto assoluti da un punto di vista intellettuale; a tal proposito è da osservare il dipinto “Nudo sdraiato” di Guttuso, splendidamente commentato da Alberto Moravia, che ci fa notare come l’artista, nella figura della donna, non ha riprodotto le fattezze della modella, ma piuttosto la vita ed il sofferto di quella donna, che è la vita ed il sofferto di tante donne.
Nella stessa maniera, nei suoi paesaggi, che sfiorano l’informale, Sabatelli non dipinse un luogo specifico, riconoscibile dalle sue caratteristiche visibili, ma bensì dipinse la suggestione che quel luogo suscitava in lui.
Due “vite parallele” dunque quelle che Sabatelli ha portato avanti per gran parte della sua vita artistica: da un lato quella che riguarda la vita del pittore nel senso più puro e crudo del termine, un artista a suo modo ribelle e granitico, che non rinunciò mai alla sua essenza più profonda e non si piegò mai a commerci e compromessi; dall’altra contemporaneamente vi era la vita dell’insegnante, quel suo voler trasmettere ai suoi allievi la sua arte, la sua mente e il suo cuore, l’impegno costante e quotidiano in quella scuola di pittura talmente tanto desiderata e voluta che ha visto la sua morte, avvenuta nell’estate del 1997, il 19 di Agosto.
Negli anni successivi alla sua scomparsa, gli eredi, il figlio Roberto e la nipote Chiara, hanno fondato l’Archivio Walter Sabatelli; organo nato con l’intento di raccogliere, proteggere e valorizzare l’opera di Sabatelli e di portare avanti il suo pensiero e il suo nome nel mondo.
Oggi l’Archivio è l’unica autorità deputata a procedere ad expertise sulle opere, ad autenticare la firma del pittore e a concedere permessi per movimentare i quadri di Sabatelli compreso lo studio e l’approfondimento su di un nucleo di opere che possono dare uno sguardo su quel mondo che Sabatelli ha frequentato, opere di grandi del ‘900, alcuni da lui personalmente conosciuti, oltre naturalmente a Guttuso.
SCRITTI
CV Walter Sabatelli (ITA-ENG)
La Pittura (ITA-ENG)
Nota dell’Archivio (ITA-ENG)
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